La metodologia di base del Problem Solving è il ciclo PDCA noto anche come ciclo di Deming.

Il PDCA È la rappresentazione visiva di un circolo definito “virtuoso” e di miglioramento continuo per prodotti, processi e problemi specifici.

PDCA è l’acronimo dell’inglese Plan, Do, Check, Act (“pianifica, prova, verifica, agisci”).

Plan (pianifica): si inizia con la progettazione degli obiettivi e delle attività, si analizza la situazione e si ricercano le cause che hanno generato le anomalie. In seguito a questo è necessario definire le possibili azioni correttive e risolutive della situazione.

Do (implementa quanto pianificato): in seguito a quanto pianificato si procede con la fase realizzativa e pratica. Nel concreto si comincia ad attivare degli interventi anche su piccola scala in modo da risolvere la situazione problematica.

Check (verifica): si analizzano i risultati delle azioni intraprese e si verifica se tali risultati combaciano con gli obiettivi che erano stati definiti nella fase iniziale. Se tutto funziona si passa all’ultima fase altrimenti si apportano ulteriori modifiche correttive, fino a quando i risultati ottenuti sono soddisfacenti.

Act (standardizza): se tutto funziona come desiderato, si rende stabile il cambiamento e lo si inserisce in produzione. In questo caso non è più una prova come nella fase “Do” ma si è pienamente convinti di quello che si sta mettendo in atto al fine di creare cambiamento.

La ruota di Deming si applica a qualsiasi campo e a qualsiasi livello. Alla fine del ciclo, quando il cambiamento è entrato nella normalità, si è pronti per avviare un nuovo ciclo, realizzando così un processo di miglioramento continuo.

La metodologia di analisi Problem Solving, come riportato nell’immagine seguente, ha come base il ciclo PDCA e si compone di tre fasi propedeutiche da sviluppare secondo la seguente sequenza:

  1. Problem Finding
  2. Problem Shaping
  3. Problem Solving

Il termine inglese Problem Finding, in italiano identificazione o individuazione del problema, indica una parte del processo mentale che porta alla risoluzione di un problema.

Il processo parte con la descrizione dell’evento (problema osservato) e si descrivono tutte le informazioni utili per comprenderne la sua natura: che cosa è successo, dove esattamente, quando, chi ha rilevato l’anomalia, quante volte è accaduto.

Sostanzialmente con il Problem Finding si definisce una sorta di “carta d’identità” dell’evento. In questa fase si utilizza il modulo nell’immagine successiva.

Per carta d’identità dell’evento si intende la descrizione esatta di ciò che accade realmente, ossia:

  1. Cosa è accaduto;
  2. Chi lo ha generato, individuato;
  3. Dove si è verificato, il punto esatto;
  4. Quando si è verificato (cambio turno, set-up, dopo una manutenzione, un settaggio etc.);
  5. Quanto incide, quanto vale in percentuale, minuti, numero di volte;
  6. Come, in quali circostanze si è verificato;
  7. Perché c’è questo evento, perché non si è risolto in passato etc.

Il passo successivo è la definizione del Problem Shaping, in italiano definizione del contesto in cui è accaduto l’evento.

In questa fase si utilizza il diagramma di Ishikawa o diagramma causa-effetto. Viene anche chiamato diagramma a lisca di pesce e prende il nome da Kaoru Ishikawa che lo inventò e mise a punto nel 1969.

È uno strumento che facilita l’analisi di un fenomeno o problema da parte di un gruppo di persone grazie alla sua stessa struttura. È una rappresentazione logica e sistematica delle relazioni esistenti tra un evento e le possibili cause che lo hanno generato.

L’analisi procede nel seguente modo:

  • Si costruisce il diagramma come nella figura riportata in basso, utilizzando un foglio orientato in orizzontale del formato A0.
  • In fondo al diagramma si riporta l’effetto osservato, l’anomalia occorsa sulla Linea;
  • Sui cinque rami principali si articolano via via le possibili cause che emergono durante la fase di brainstorming e, per mezzo dei post-it si scrivono in corrispondenza delle piccole righe in orizzontale (rami secondari) che assomigliano a delle lische di pesce;
  • Si analizzano le correlazioni di causa-effetto emerse dal diagramma;
  • Si focalizza l’attenzione sulle possibili cause, dunque si procede ad un’indagine sulle probabili cause prese una per volta;
  • Per ogni evento osservato sulla Linea bisognerà preparare un diagramma di Ishikawa.

Una volta terminati i diagrammi (se il team è numeroso si potranno formare due gruppi), il team individua le cause possibili, quelle più probabili, quelle che influenzano realmente il problema.

Ci si basa sull’esperienza dei partecipanti e, se tutti saranno d’accordo, le cause verranno confermate per essere successivamente prese in esame per la fase successiva di Problem Solving.

Il passo successivo è la definizione del Problem Solving, in italiano risoluzione del problema, ovvero individuare le cause che hanno dato luogo all’evento.

La fase di Problem Solving prevede l’utilizzo del modulo dei 5 perché rappresentato nella figura in alto.

Cinque Perché (5 Whys) è un metodo che consente di esplorare le relazioni di causa-effetto per un problema ponendosi una semplice domanda: perché? Il fine di applicare le cinque domande è quello di determinare le cause profonde (root causes) dei problemi individuati con i diagrammi di Ishikawa.

La tecnica fu sviluppata in origine da Sakichi Toyoda e successivamente usata dalla Toyota Motor Corporation durante l’evoluzione delle loro metodologie manifatturiere.

Nell’immagine successiva è rappresentata la struttura dell’analisi: il primo perché essendo vicino alla causa-effetto confermata in precedenza non è sicuramente la causa prima o causa scatenante.

Procedendo nell’analisi ci si avvicina sempre di più alla causa radice. L’importante è non fare delle forzature facendo fare al metodo quello che pensiamo noi.

Bisognerà pertanto evitare dei salti logici ed essere certi che ogni perché sia correlato con il successivo e via discorrendo. Per essere certi di aver condotto un ragionamento logico senza salti, bisogna provare a leggere i 5 perché al contrario, partendo dall’ultimo sino al primo.

Taiichi Ōno, descrive il metodo dei 5 perché come la “base dell’approccio scientifico Toyota. Ripetendo 5 volte perché la natura del problema come pure la sua soluzione diventa lampante”.

Questo strumento ha visto il suo uso diffondersi al di là della Toyota ed ora è usato praticamente ovunque. L’esempio seguente dimostra il funzionamento del processo:

L’auto non parte

  1. Perché: La batteria è scarica;
  2. Perché: L’alternatore non sta funzionando;
  3. Perché: La cinghia dell’alternatore si è rotta;
  4. Perché: La cinghia dell’alternatore non è mai stata sostituita, sebbene l’auto avesse percorso molti chilometri;
  5. Perché: Non è stata effettuata la manutenzione programmata (causa radice del problema).

Ci si potrebbe continuare a chiedere ancora altri perché, dato che il metodo non pone limiti al numero di domande. Si postula che cinque iterazioni siano sufficienti ad identificare la causa del problema.

Il vero elemento chiave è di incoraggiare l’analista ad evitare assunti e tranelli logici, ma di concentrarsi sulla catena di causalità fino alla causa origine. In ogni caso la causa profonda è sempre un processo.