I 5 Assiomi della Scuola di Palo Alto
- L’impossibilità di non-comunicare
- Livelli comunicativi di contenuto e di relazione
- La punteggiatura della sequenza di eventi
- Comunicazione numerica e analogica
- Interazione complementare e simmetrica
I cinque assiomi indicano gli elementi costantemente presenti in ogni scambio comunicativo. Il termine assioma, nel linguaggio filosofico e matematico, da cui gli autori hanno preso in prestito il termine, indica una verità evidente e indiscutibile, alla base di numerose dimostrazioni e teoremi. Di seguito un breve riepilogo di ciascuno:
1° assioma
È impossibile non comunicare. Ogni interazione tra persone, anche il semplice guardarsi negli occhi, trasmette sempre qualche cosa all’altro soggetto. Qualsiasi forma di comportamento nostro, quando siamo in presenza di altre persone, è una forma di comunicazione.
Anche se ci sforziamo di non comunicare, il nostro fare sarà interpretato da chi ci sta vicino come un atto comunicativo.
La comunicazione, in questo senso, non avverrà solo a livello verbale, ma anche con il silenzio, con la nostra attività o inattività, o con un semplice sguardo.
La comunicazione è un comportamento (concetto molto ampio di comunicazione).
Quando siamo di fronte ad altri (compresenza fisica), ogni comportamento è una comunicazione, anche in assenza di linguaggio.
Qualsiasi cosa si faccia o non si faccia, si dica o non si dica, si danno sempre informazioni di sé.
L’estremo tentativo di non comunicare sfocia nella patologia, ma anche l’autismo è destinato a fallire nel suo tentativo, perché anche in questo caso si comunica.
2° assioma
In ogni comunicazione si ha una meta-comunicazione che regolamenta i rapporti tra chi sta comunicando e si basa su due piani: il piano del contenuto e della relazione.
Ossia: la natura della comunicazione dipende dalla punteggiatura delle «sequenze» di comunicazione tra i comunicanti.
La punteggiatura riguarda l’interpretazione che gli interlocutori danno alla loro comunicazione e ne organizza, di volta in volta, gli eventi comportamentali.
La comunicazione è per lo più basata su rappresentazioni di ciò che si desidera comunicare come gesti, disegni, intonazione della voce, inflessioni, movimenti, postura etc.
Ogni volta che diciamo qualcosa a qualcuno, oltre al contenuto comunichiamo qualche forma di relazione tra noi e l’altra persona. Uno stesso contenuto può veicolare diversi tipi di relazione.
La relazione che intercorre tra me e l’altro determina modi diversi di comunicare e di comprendere il tipo di relazione.
Di solito serve a spiegare anche gli aspetti di contenuto. La cosa detta in senso ironico, deve essere compresa da chi mi ascolta. Dalla comprensione della relazione (scherzosa, in questo caso) il mio interlocutore comprende il contenuto della mia comunicazione.
Spesso una relazione comunicativa che non funziona rivela la difficoltà di comprendere se il problema è di contenuto o di relazione (e in effetti il problema si sposta da un aspetto all’altro).
In merito ad una discussione, possiamo discordare sul contenuto, ma una volta chiarito questo aspetto, il disaccordo può perdurare, perché in realtà il conflitto è sul piano della relazione (si pensi alle discussioni familiari: lei vuole andare al mare, lui in montagna.
La lite non avviene sulla meta da raggiungere, ma su chi ha il potere di decidere, vale a dire sulla relazione).
Spesso quando una relazione comunicativa non funziona, le persone non riescono a capire se i problemi sono a livello di contenuto o di relazione, anche perché spesso si spostano da un piano all’altro, la distinzione non sempre è netta (perché e analitica).
3° assioma
Le variazioni dei flussi comunicativi all’interno di una comunicazione sono regolate dalla punteggiatura, utilizzata dai soggetti che comunicano.
Ogni comportamento presenta un piano di contenuto e uno di relazione. Il secondo classifica il primo (meta-comunicazione). Il piano del contenuto riguarda il «cosa si dice», quello della relazione è «come si dice».
Raramente le relazioni vengono definite con piena consapevolezza e ci si concentra più sul contenuto del messaggio. Il secondo assioma ricorda che, ogni comunicazione, contiene entrambi gli aspetti ed è la relazione a classificare il contenuto della comunicazione.
Paul Watzlawick sosteneva che, il contenuto della comunicazione verbale pesa solo il 7%, quello della relazione pesa il 93%. Siamo abituati a pensare alla comunicazione come alla trasmissione di un singolo messaggio.
In realtà ci troviamo sempre in presenza di una sequenza di messaggi (interazione comunicativa tra A e B). Questa sequenza comunicativa può essere letta in modi diversi, secondo la punteggiatura. Esempio di una lite tra marito e moglie:
Marito: si lamenta perché la moglie brontola e si arrabbia
Moglie: si lamenta perché il marito è passivo e mette il broncio
In un’ottica non sistemica (individuale), hanno entrambe ragione. Ma ognuno spiega il suo comportamento come conseguenza del comportamento dell’altro. La punteggiatura si riferisce ai diversi modi di spiegare causa/effetto, illustrata dalla vignetta in basso:
Meccanismo circolare e chiuso (causa, effetto e rinforzo). L’atteggiamento dell’uno causa una re-azione dell’altro (effetto) che, a sua volta, produce un rafforzamento dell’atteggiamento non condiviso dall’altro.
In questo modo, si instaura una reazione a catena sino a quando il ciclo vizioso viene interrotto da qualcuno che, razionalmente, interpreta le due punteggiature.
Il circolo vizioso si riproduce perché ognuno ha ragione dal suo punto di vista, perciò non muta il proprio comportamento. La stessa modalità si adatta a situazioni molto diverse e ben più gravi (corsa agli armamenti, conflitto ebrei-palestinesi e problemi incancreniti in genere all’interno delle organizzazioni).
Il fatto di non essere d’accordo su causa ed effetto deriva dall’errata convinzione che esista un punto di inizio. In realtà catene come questa esistono perché entrambe gli atteggiamenti sono iniziati contemporaneamente, determinati da un sistema specifico e sviluppati insieme, che si rafforzano a vicenda.
Ognuna delle due parti scambia causa ed effetto, perché l’atto comunicativo non viene visto nel suo complesso, ma come sequenza di messaggi.
L’atto comunicativo non è mai composto da un messaggio e dalla sua risposta, bensì da catene di messaggi ininterrotte, dove causa ed effetto emergono già configurati.
Lei: vuole invitare un amico a cena sabato sera, manda un SMS e ovviamente aspetta una risposta, che però non arriva:
– inizia ad offendersi perché almeno poteva dire che non ne aveva voglia
– si chiede come ha potuto invitare a cena una persona simile
– pensa che la prossima volta che lo vede non lo saluta neppure
– pensa che da come lui la guarda doveva capirlo, che non le era simpatica
– pensa che oltre ad evitarla, probabilmente parla anche male di lei….
Lui: riceve l’SMS con l’invito a cena. È molto contento e risponde subito, chiedendo di avere l’indirizzo a cui dovrà recarsi. Disdice l’impegno che aveva già preso per la serata e aspetta una risposta. Ma…l’SMS si perde.
Lui sa di aver risposto, sa di aver disdetto un impegno importante per lei, ora deve solo sapere dove abita. La risposta però non può arrivare e da questo partono una nuova serie di conferme e risposte sbagliate: “ma questa ragazza è proprio strana, prima mi invita e poi non mi dice dove abita…”.
Nel caso di meccanismi analoghi a questo, ma in campo internazionale, i rischi sono immensi. L’unica via d’uscita da situazioni come questa, nel caso in cui ad essere coinvolte siano delle nazioni, è quella di poter meta-comunicare, per chiarire com’è avvenuto il processo comunicativo, autonomamente o grazie ad un mediatore esterno (e lo stesso vale, per esempio, nei problemi di coppia).
Il problema delle punteggiature si ritrova nelle profezie che si auto avverano: Il telegiornale annuncia che potrebbe esserci una crisi di carburante, tutti si precipitano a fare benzina, la benzina finisce inevitabilmente te per scarseggiare… Un altro esempio diffuso è quello rappresentato dall’insegnante prevenuto nei confronti di un allievo.
4° assioma
Le comunicazioni possono essere di due tipi: analogiche (ad esempio le immagini, i segni) e digitali (le parole). In ogni scambio comunicativo, si utilizzano due moduli:
- Numerico: legato al contenuto del messaggio, alle parole, e serve a scambiare informazioni sugli oggetti.
- Analogico: riferito al linguaggio non verbale, ovvero alla relazione, come ad esempio la postura, la gestualità, le espressioni del viso, le intonazioni vocali, la ritmica e la modulazione del linguaggio e ai simboli presenti nel contesto interattivo.
La comunicazione analogica ha a che fare con le emozioni e, quindi, con la comunicazione non verbale.
Il modulo numerico serve a scambiare informazioni, mentre quello analogico definisce la natura della relazione. I due moduli coesistono e sono complementari in ogni messaggio. Quando il messaggio verbale viene contraddetto dal messaggio non verbale, viene attuata una modalità comunicativa detta «doppio messaggio», che genera ambiguità e confusione a chi ascolta.
La differenza tra linguaggio numerico ed analogico è stata sottolineata proprio dagli studi della scuola di Palo Alto. Gli esseri umani sono gli unici a comunicare in entrambe i modi, infatti gli animali comunicano esclusivamente in modo analogico.
È per questa ragione che spesso l’uomo, comunicando in modo numerico, entra in una comunicazione errata con l’animale: avvicinandosi ad un cane che non conosce e cercando di toccargli la testa, l’uomo determina nell’animale una reazione di fuga o di aggressione.
Il gesto dell’uomo è per il cane un gesto analogico di minaccia, mentre se l’uomo lo avesse avvicinato ponendo la mano bassa e aperta sotto alla sua mascella, l’animale avrebbe interpretato tale movimento come un segno analogico di sottomissione.
Così, anche se insegno ad un cavallo a “contare”, in realtà l’animale comunica su un livello completamente diverso. In realtà è il padrone che gli comunica cosa desidera da lui (smetti di contare quando arrivi al risultato), con segnali impercettibili e anche inconsapevoli.
È stato infatti dimostrato che quando si chiede all’uomo di far eseguire al cavallo un’operazione di cui neppure lui conosce il risultato, il cavallo non è più in grado di eseguire l’esercizio.
Solitamente si utilizza il linguaggio numerico per trasmettere contenuti e quello analogico per comunicare, anche inconsapevolmente, l’aspetto di relazione.
Può succedere anche che si cerchi di esprimere una relazione attraverso il linguaggio numerico, ma questo può dare adito a esiti discutibili, in quanto la comunicazione ne risulta poco convincente: difficilmente il contenuto di relazione po’ essere espresso con le parole.
La comunicazione analogica è finalizzata a veicolare contenuti relazionali: mentre il piano del contenuto trasferisce informazioni da un soggetto a un altro, il piano della relazione veicola informazioni sulle informazioni.
5° assioma
Le comunicazioni possono essere di tipo simmetrico, in cui i soggetti che comunicano sono sullo stesso piano (ad esempio due amici), e di tipo complementare, in cui i soggetti che comunicano non sono sullo stesso piano (ad esempio insegnante alunno, padre con il figlio etc.).
Tutti gli scambi comunicativi possono essere simmetrici o complementari, secondo il criterio dell’uguaglianza o della differenza.
L’interazione simmetrica è basata sull’uguaglianza, mentre l’interazione complementare si basa sulla differenza di posizione (up and down) nella relazione comunicativa.
Si dicono complementari gli scambi comunicativi in cui i comunicanti non si trovano sullo stesso piano (mamma/bambino, responsabile/collaboratore, dipendente/datore di lavoro).
Sono simmetrici gli scambi in cui gli interlocutori si considerano sullo stesso piano (marito/moglie, compagni di classe, amici).
È utile ricordare che nessuna delle due modalità di scambio è, di per sé, «buona» o «cattiva», dal momento che le persone, quando comunicano, costruiscono, alimentano, mantengono e modificano la rete delle relazioni in cui sono, costantemente, immerse.
L’aspetto importante è che, i partner, siano d’accordo sulle posizioni reciproche. Se tale accordo viene a mancare, normalmente si esplicitano disaccordi sul contenuto del messaggio.
Ma ciò che realmente si contesta è la tipologia di relazione che si crea. Si ha una relazione simmetrica quando entrambi i soggetti tendono a rispecchiare il modello relazionale proposto dall’altro e a minimizzare le possibili differenze. Simmetrico: durante una campagna elettorale tutti i partiti cercano di fare o dire nella stessa misura in cui fanno o dicono gli altri partiti, in una situazione di simmetria.
La relazione diadica diventa complementare quando gli atteggiamenti comunicazionali assunti dai soggetti tendono a differenziarsi: uno dei due assume una posizione di supremazia/dominio (one-up), e l’altro quella di sottomissione/dipendenza (one-down).
Complementare: durante un esame universitario, docente e studente rappresentano due interlocutori molto diversi tra di loro in termini di potere e modalità di relazione.
È normale che ci siano situazioni simmetriche e complementari, ma se la situazione si irrigidisce, può causare problemi, come nel caso della madre che continua a trattare il figlio come se fosse eternamente piccolo. (“…ma io lo lascio libero”: si può cercare di esprimere a parole ciò che non è reale nella relazione, creando veri e propri paradossi).
Di solito sono migliori le situazioni che alternano frequentemente le due dinamiche.